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Agata, 17 anni, un’esperienza in missione

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Agata è una ragazza di diciassette anni che ha frequentato il terzo anno di Agraria all’Istituto Bonfantini di Romagnano, ma ha un grande sogno negli occhi e nel cuore: l’Africa. “Forse sono nata dicendo Africa”: scherza naturalmente, ma dallo sguardo che s’incrocia con quello della mamma Tiziana, si percepisce che non è un amore passeggero, ma un progetto di vita perseguito con un impegno tale da vincere anche le riserve di una mamma preoccupata nel veder partire sua figlia per l’Africa con solo uno zainetto come bagaglio, perché le valige sono stipate di cose da portare alla missione.

L’associazione C.R.E.S.CO.

“Ho conosciuto l’associazione C.R.E.S.CO. per caso, una sera di due anni fa, durante l’Alpàa a Varallo: ho capito subito che ero sulla strada giusta e a fine agosto 2019 sono partita con altre tre ragazze per il Kenya, destinazione la Missione di Tuuru, è stato bello conoscere persone per caso e fare insieme un tratto di strada.

Con loro sono rimasta in contatto anche dopo il ritorno a casa”: Agata è serena e determinata, ma anche molto concreta, così quando ha
incontrato Raffaella Dellavalle, Presidente dell’Associazione C.R.E.S.CO. Crescita Responsabile e Sviluppo della Comunità – con sede a Trivero, in frazione Dosso, che conta quindici soci attivi, ha come finalità il sostegno alla crescita e allo sviluppo di comunità locali nei paesi di tutto il mondo, con priorità alle aree in via di Sviluppo, nella logica della autonomia, collabora con la Caritas di Biella, il Centro Territoriale per il Volontariato, fa parte del Tavolo Migranti e del Tavolo Tratta – ha capito immediatamente che quella era la persona che poteva aiutarla, avendo fatto importanti esperienze di vita negli Scout e nel mondo del volontariato, ma soprattutto Raffaella è una persona che sa
ascoltare e guardare dentro il cuore. Tuuru è una Missione gestita dalle suore del Cottolengo, molto grande ma ben organizzata, tutti hanno i propri compiti e sanno cosa devono fare e, se per caso non fosse stato assegnato nulla in quel momento, qualcosa si trova sempre. La missione ospita bambini disabili psico-fisici, e comprende un piccolo ospedale, due minuscole aule di scuola, una sala per la fisioterapia/ infermeria, i dormitori, un convento e un monastero. I quindici giorni trascorsi da Agata in Missione per mamma Tiziana sono stati forse i giorni più lunghi della sua vita, mentre per sua figlia sono stati un lampo, a conferma della teoria del filosofo francese Bergson basata sul concetto che il tempo vissuto non coincide con il tempo oggettivo.

Da Nairobi a Tuuru ci sono circa otto ore di viaggio su un pulmino “Matatu”: “Subito si era proiettati in una sorta di nuova dimensione, ma è stato facile adattarsi, perché era esattamente quello che cercavo. Questa esperienza mi auguro sia stata solo la prima di una lunga serie: il mio più grande sogno è quello di potermi trasferire là un giorno”.
Le giornate in Missione iniziano molto presto: sveglia alle 6.20, colazione, bucato e alle 7.30 si serve la colazione ai bambini, molti vanno imboccati e poi si parte con varie attività: “Anche alcuni bambini e ragazzi ospiti servono i pasti o lavano i piatti aiutando gli operatori. Sono soprattutto loro ad avermi aiutata quando non riuscivo a fare qualcosa o non sapevo qualcos’altro. Perché non è vero che gli operatori e le suore aiutano e i bambini vengono aiutati, la missione è una grande catena in cui ognuno ha il proprio compito per aiutarsi a vicenda come una grande famiglia. In missione ho capito cos’è davvero il rispetto, incondizionato e nei confronti di tutti; la disponibilità ad aiutarsi l’un
l’altro senza secondi fini; la felicità per le piccole cose che accompagna i bimbi in ogni momento e nonostante tutte le difficoltà e l’amore, che non è solo quello tra un uomo e una donna, ma tra ogni essere vivente”.

Dopo cena, quando i bambini sono a letto, i volontari si ritrovano per raccontarsi la giornata e poi si va a letto, talmente stanchi da prendere
subito sonno. Mamma Tiziana ricorda che quando la sera riusciva a sentire Agata e a vederla tramite Skype, percepiva
che sua figlia era: “La felicità fatta persona”. Avrei pensato che in Missione anche la lingua fosse un problema, invece Agata mi rassicura: “Le suore parlavano quasi tutte l’italiano, e con i bambini ci si capiva immediatamente, sono bambini speciali che parlano la lingua dell’amore,
sono divisi in maschi, femmine e ”Angel” quelli affetti da disabilità più gravi, eppure con tutti sono riuscita a stabilire un rapporto, tutti mi hanno dato qualcosa”
Agata a dicembre è stata premiata dalla CRI con il Premio di Bontà Elena Nathan Loro Piana: lei era molto reticente, non riteneva di aver fatto nulla di straordinario, ma poi ha accettato devolvendo i mille euro alla Missione di Tuuru: sono stati subito utilizzati per acquistare delle lavatrici per il fabbisogno quotidiano della biancheria dei novanta bambini, ospiti della missione, come ha prontamente scritto ringraziando Suor Luisa Busato, Referente delle Missioni Cottolenghine.
Il ritorno per Agata è stato un momento di spaesamento, poi si è riallineata sui canoni del nostro quotidiano, sfrondando però molto delle esteriorità e delle cose inutili. Tornando a scuola, ha parlato della sua esperienza con chi la voleva ascoltare e con gli insegnanti, ma non si è mai sentita migliore di altri, semplicemente arricchita da quei giorni vissuti con grande intensità e contando quelli che mancavano per ripartire. Il Coronavirus ha bloccato i viaggi, ma non la possibilità di aiutare e soprattutto di essere vicini.

Piera Mazzone

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