Seguici su

Attualità

La “Spagnola”: tragedia dimenticata del XX secolo, fece più morti delle due Guerre Mondiali

Pubblicato

il

Giovedì 17 gennaio al Rotary Club Valsesia il socio Sergio De Gobbi ha parlato della tristemente famosa “Spagnola”, l’epidemia influenzale che nel 1917-1918 fece più morti delle due Guerre Mondiali: fu l’unico caso di tre ondate successive della stessa malattia e causò ottanta milioni di morti e ottocento milioni di contagiati.

Nella primavera del 1917 si era presentato un male di origine sconosciuta, ma dagli effetti devastanti: in India morirono dodici milioni di persone, in Alaska l’85% della popolazione. Ogni paese denominò il virus in modo diverso: febbre delle Ardenne per la Germania, malattia bolscevica per la Polonia, febbre tedesca per il Brasile, febbre inglese per la Persia, Manu per l’America, ma il nome con il quale verrà per sempre ricordata quella terribile epidemia, fu deciso dai paesi vincitori della Prima Guerra Mondiale: “Spagnola”, perché in Spagna, paese non coinvolto nella guerra, non c’era alcuna censura e quindi si diffusero subito le notizie su quella che era stata chiamata la: “Malattia del soldato napoletano”, che contagiò otto milioni di persone.

La censura militare nei paesi belligeranti aveva impedito che si diffondesse la notizia della terribile epidemia che avrebbe potuto turbare i combattenti: “Ci fu l’oscuramento del lutto singolo di fronte al lutto collettivo: la morte eroica dei soldati”. Dei 600.000 morti in guerra il 25% morì per malattia e il 1918 fu proprio l’anno in cui si registrò il maggior numero di decessi. Secondo alcuni storici la Spagnola ebbe incidenza sulla durata della guerra: trecentomila soldati tedeschi furono colpiti dalla terribile influenza e certo ciò influì sulle sorti del conflitto. La Germania, che non era mai stata sconfitta sul campo, che occupava ancora mezza Francia e il Belgio, a sorpresa chiese l’armistizio. Alla Conferenza di Versailles gli Stati vincitori dovevano stabilire le condizioni per la pace: il Presidente degli Stati Uniti d’America, Wilson, voleva una “pace giusta”, mentre Francia e Inghilterra premevano per condizioni durissime nei confronti della Germania. Wilson si ammalò di Spagnola, guarì, ma non fu più lo stesso: prevalse una “pace iniqua”, che preparò la strada all’ascesa hitleriana.

L’influenza porta traccia delle proprie origini: ciascuno di noi è un archivio vivente del nostro passato evolutivo. Il virus è un parassita, le malattie di massa – tubercolosi, vaiolo, morbillo, influenza – vengono dalle riserve animali, si assiste ad una umanizzazione del virus”: De Gobbi ha spiegato come il virus sia arrivato in Europa: “La Cina non era in guerra, ma alcuni volontari cinesi furono reclutati per fare i lavori più umili. Nelle zone di reclutamento scoppiò un’epidemia che in tre giorni portava a morte per congestione polmonare. La mutazione del virus, che lo rese così devastante nelle trincee, fu causata dallo stress, dalle carenze alimentari, e dall’inquinamento ambientale”.

Il virus responsabile della pandemia di Spagnola era di origine aviaria (proprio come l’H5N1 responsabile dell’influenza aviaria nel Sud Est asiatico), e poi si era adattato all’uomo: lo hanno rivelato i ricercatori del gruppo di Jeffery Taubenberger, dell’Istituto di Patologia delle Forze Armate di Rockville, che hanno completato la sequenza del genoma del virus della Spagnola, mappando gli ultimi tre geni ancora da decifrare, quindi, ha ammonito De Gobbi, dovremmo fare attenzione alle malattie virali, perché un’epidemia può scoppiare da un momento all’altro: “Gli studiosi ipotizzano che nel nostro secolo ci saranno tre epidemie, di cui una influenzale”.

Sergio De Gobbi si è interrogato sul perché, al contrario di altre grandi epidemie come la peste del Trecento, descritta dal Boccaccio o la peste del Seicento, immortalata nei Promessi Sposi, la Spagnola sia stata completamente dimenticata: solo il pittore Munch immortalò nei suoi quadri gli effetti devastanti lasciati dalla Spagnola sugli esseri umani sopravvissuti.

L’influenza era qualcosa di conosciuto sin dall’antichità: fu descritta per la prima volta da Ippocrate nel 430 a.C. che fu anche il primo a dare alle malattie della cause fisiche, non considerandole castighi divini”: la stessa classe medica stese un velo d’oblio sulla Spagnola, perché essa aveva rappresentato uno smacco terribile per la medicina.

Nel 1918 la vita media era di soli trentadue anni, la Spagnola falciò un’intera generazione e terribili furono le conseguenze per i sopravvissuti: nei reparti psichiatrici si registrò un aumento di sette volte nei ricoveri per crisi di panico e di ansia. Molti, come il musicista Bela Bartok divennero sordi, altri ebbero strascichi di indecisione e insicurezza, come il Presidente Wilson, si registrò una diminuzione della natalità, le donne in gravidanza che non morirono partorirono figli pretermini o più piccoli. “Lo stress, la carenza alimentare, l’inquinamento ambientale incidono pesantemente sul DNA fetale” ha puntualizzato Sergio De Gobbi accennando al problema della disuguaglianza sociale: “Chi nasce in condizioni disagiate, lo pagherà per tutta la vita”.

Nell’ultima parte De Gobbi ha elencato i personaggi illustri che morirono per la Spagnola: Apollinaire, Schiele, Klimt, Sykes, colui che con Picot tracciò con il righello la linea per la spartizione dei territori Turchi-Ottomani, Margherita Kayser Parodi Orlando, l’unica donna sepolta a Redipuglia, Giacinta e Francesco due dei veggenti di Fatima, il padre di Vincenzo Lancia (che però aveva già più di novant’anni), mentre tra i sopravvissuti ci furono il Presidente Wilson, Walt Disney, Mary Pickford, la fidanzata d’America.

Al termine dell’applaudita relazione molte domande sono state poste al relatore che ha risposto in modo esauriente, integrato anche dal veterinario Franco Tinelli per la parte relativa alle zoonosi, malattie infettive che possono essere trasmesse dall’animale all’uomo e viceversa, e dal pediatra Andrea Guala per i vaccini.

Il Presidente Lorenzo Del Boca ha omaggiato Sergio De Gobbi con un portafortuna: un piccolo ferro di cavallo in oro.

Il prossimo appuntamento del Rotary Club Valsesia sarà giovedì 24 gennaio a Gattinara per il primo di tre incontri Interclub con il Rotary Club di Gattinara: relatrice sarà la giornalista Anna Zafesova, che parlerà della “Russia di Putin”, mentre il secondo incontro, con il Rotary Club di Valle Mosso, sarà giovedì 21 febbraio e avrà come relatore il giornalista e scrittore Paolo Bricco, che presenterà il volume: “Marchionne lo straniero”.

E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento

Pubblicità
Pubblicità

Facebook

Pubblicità

© 2023 Corriere Valsesiano - Iscrizione al Registro giornali del Tribunale di Vercelli nr. 14 del 20/11/1948
ROC: n. 25883 - ISSN 2724-6434 - P.IVA: 02598370027
Direttore Responsabile: Luisa Lana - Editore: Valsesiano Editrice S.r.l. - Redazione: via A. Giordano, n.22 - Borgosesia (VC)


La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui al d.lgs. 70/2017 e dei contributi di cui alla Legge regionale n. 18/2008. La testata ha beneficiato del credito d'imposta per le spese sostenute, anno 2020, per la distribuzione delle testate edite dalle imprese editrici di quotidiani e periodici.