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Il FAI e il suo impegno per riqualificare e far conoscere l’alta valle

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L’Alpe, intesa come alpeggio, rappresenta uno dei patrimoni naturali, architettonici e antropologici tipicamente italiani che contribuiscono a rendere ancora più spettacolare la bellezza del nostro Paese e a scriverne la storia. Il termine «alpeggio» non descrive solamente la geografia e l’economia sviluppatasi nella fascia alpina ma viene usato per definire zone di montagna anche di altre regioni italiane, tutte accomunate da una storia molto antica, da un’economia di tipo montano basata sulla pastorizia e da tradizioni molto radicate. Seppur con alcune caratteristiche differenti, la maggior parte degli alpeggi italiani condivide, purtroppo, anche le stesse problematiche: è da qualche decennio, infatti, che queste zone rurali stanno vivendo una profonda crisi di tipo economico con conseguenze tali da essere definite come le «nuove periferie» italiane. Il progressivo accentramento della vita nelle grandi e medie città e il conseguente abbandono delle attività legate all’alpeggio hanno fatto sì che i piccoli borghi montani perdessero la maggior parte dei loro abitanti fino ad arrivare, in alcuni casi, al completo spopolamento; l’incuria e l’abbandono di questi piccoli centri hanno fatto sì che diventassero facile preda di comuni catastrofi naturali. Complice di questo fenomeno è stata, in molti casi, la crescente economia legata al turismo alpino che ha letteralmente invaso con impianti sciistici e lussuosi resort i panorami montani. Queste grandi attrattive turistiche hanno avuto sicuramente il merito di rendere più conosciuto e accessibile l’ambiente montano anche da un grande pubblico, ma molto spesso lo hanno fatto a discapito della natura e dell’ecosistema del luogo, cancellandone la storia e l’equilibrio. L’Alpe si è vista così privare sempre di più della sua identità e della sua importanza; infatti, se in passato è stata una grandissima risorsa a livello sociale e culturale, che ha permesso la pratica e lo sviluppo di attività e tradizioni fondamentali in diverse regioni del nostro Paese, ora si presenta come un patrimonio a rischio che ha bisogno di cura affinché non si riversi nel più totale abbandono e trascuratezza e non sia destinato all’oblio a favore di attrattive turistiche.
Nell’impegno di tutelare le zone alpine si inserisce l’iniziativa lanciata dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) e presentata dal presidente Andrea Carandini in occasione del XXIII Convegno Nazionale dei Delegati e Volontari del FAI tenutosi lo scorso 16 febbraio a Brescia. Il progetto, battezzato con il nome «Progetto Alpe. L’Italia sopra i 1.000 metri», ha l’obiettivo di far rivivere il mondo italiano dell’Alpe avviando quello che è il primo progetto organico di restauro, valorizzazione e gestione di beni nell’Italia delle terre alte e delle aree interne:  dalle Alpi agli Appennini fino ai Nebrodi, alle Madonie, al Gennargentu.
L’idea riprende in parte quella Convenzione delle Alpi stilata nel 1991 e prevede, oltre alle opere di restauro fisiche, anche la valorizzazione e la gestione delle risorse già presenti nelle zone montane cercando di coniugarle con le tecniche innovative e i mezzi che abbiamo a disposizione al giorno d’oggi.
Il FAI a questo proposito ha organizzato una strategia di sviluppo che prevede nell’arco di dieci anni di riuscire, tramite investimenti e fondi, ad acquisire strutture rappresentative del mondo italiano dell’Alpe, restaurando architetture e paesaggi, ma anche di ripristinare  pratiche di vita e di produzione, all’insegna della storia e delle tradizioni locali in una chiave di  sostenibilità contemporanea. Oltre ai siti già gestiti dal Fondo Ambiente Italiano, nell’arco del 2019 saranno acquisiti ulteriori tre beni situati sull’arco alpino: il rifugio Torino Vecchio a Punta Hellbronner sul Monte Bianco a Courmayeur (Aosta), l’alpeggio Sylvenoire a Cogne (Aosta) e infine, ciò che ci interessa più da vicino, le baite Walser Daverio in Val d’Otro ad Alagna. Il progetto deriva dalla donazione di un gruppo di baite walser fatta da Philippe Daverio all’Unione Alagnese, la quale ha concesso al Fondo Ambiente Italiano di rilevare il complesso in comodato d’uso per effettuarne opere di ripristino. Il FAI, grazie a una collaborazione con il Comune di Alagna e l’Unione Alagnese avvierà entro l’anno un progetto di restauro e di ristrutturazione di queste tipiche dimore Walser, con particolare attenzione nel preservarne la particolarità e l’autenticità, studiandone le tecniche di costruzione e, mattone dopo mattone, diffondendo la conoscenza della cultura walser tramite attività legate ai lavori d’alpeggio, ma anche incontri volti a far conoscere la lingua, il pensiero e le tradizioni di questa antichissima popolazione che è alle basi della storia valsesiana.
Il Progetto Alpe si impegna quindi a restituire la dignità storica alla montagna sensibilizzando l’intera popolazione e soprattutto i più giovani, sull’importanza di salvaguardare e tutelare il valore dei beni materiali e immateriali dei territori e della cultura legata a essi che oggi si trova a vivere nell’oblio e nella trascuratezza.
L’unico modo per farlo è quello di far rivivere i posti, le tradizioni e la storia dell’Alpe italiana riportando le persone in questi luoghi, non come turisti di un resort ma come abitanti degli alpeggi e spettatori della storia del nostro Paese che possono dare un aiuto al FAI in prima persona. Per questo, dal 2020 ci sarà in ballo anche un programma specifico di  raccolta fondi  rivolta a cittadini, istituzioni e aziende interessati a sostenere l’iniziativa generale o i singoli progetti con donazioni di beni, fondi, opere e materiali.

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