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FOTOGALLERY: Inner Wheel Club Valsesia in gita a Torino

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Il 10 ottobre l’Inner Wheel Club Valsesia ha organizzato una gita a Torino per visitare due mostre importanti, a Palazzo Madama: “Splendore dal Rinascimento: la maiolica”, oltre duecento capolavori provenienti da importanti collezioni private in aggiunta agli esemplari più significativi delle raccolte sabaude, in mostra nella Sala del Senato al primo piano del Palazzo e:I mondi di Riccardo Gualino collezionista e imprenditore”, mostra che riunisce i due principali nuclei di opere della collezione appartenuta a Riccardo Gualino, conservati alla Galleria Sabauda di Torino e alla Banca d’Italia di Roma, insieme a dipinti, sculture, arredi e fotografie provenienti da musei e istituzioni torinesi e nazionali, raccolte private e archivi, primo fra i quali l’Archivio Centrale dello Stato, allestita a Palazzo Chiablese, presso i Musei Reali.

La Presidente dell’Inner Wheel Valsesia, Donatella Rizzio, storica dell’arte, cresciuta a Torino, aveva preparato per tutti i partecipanti un’utilissima “dispensina”, completata da una piantina che mostrava i tre successivi ampliamenti della piccola città romana, che solo nel Cinquecento, con l’arrivo dei Savoia, la dinastia più vecchia d’Europa, prese respiro e si avviò a diventare la capitale del regno sabaudo e poi del Regno d’Italia: “Torino, città barocca, fu tutta costruita dal Seicento in avanti, fino al 1563 era tutta chiusa nel perimetro del castrum romano: Emanuele Filiberto, vincitore della battaglia di San Quintino, spostò la capitale da Chambery a Torino, ristrutturò la città e costruì la cittadella, suo figlio, Carlo Emanuele I, chiamò un architetto umbro, Ascanio Vittozzi, per fare di Torino una città ordinata e regolare. Seguirono ingrandimenti ed abbellimenti che trasformarono la capitale subalpina in una città europea”.

Il gruppo all’arrivo a Torino è stato accolto dalla Past Governatrice Giuliana Bausano, e dalla Past President del Club Torino con il quale l’Inner Wheel Valsesia ha un “contatto”: Mimi Simma.

All’entrata di Palazzo Madama la guida, Gianluca Bovenzi, ha introdotto il gruppo nella Stanza delle Guardie, dove sono esposte molte opere lignee, fornendo molte informazioni sulla corte e sulla vita che vi si conduceva, soffermandosi sulle caratteristiche delle donne nobili, che dovevano rispecchiare il loro rango nell’immobilità ieratica e negli abiti sontuosi: “Questo è un “altro” Rinascimento rispetto a quello delle corti del Centro Italia, tutto viene dipinto e dorato, come dimostrano gli splendidi altari trecenteschi esposti”. Nelle sale al piano superiore la guida si è soffermato su alcuni pezzi particolarmente significativi, ricordando che: “La maiolica è un’imitazione a basso costo della porcellana”, dipinta con colori a base minerale, che oggi, dopo cinquecento anni, sono ancora freschissimi. Il rosso era un colore particolarmente difficile da ottenere dopo la cottura, tanto che in mostra è presente in un solo pezzo. Si sono potute ammirare i famosi “bianchi di Faenza”, maioliche bianche e maioliche istoriate con soggetti ispirati alla storia o alla mitologia, che erano “leggibili” dai committenti. Bovenzi ha ricordato che i servizi importanti erano di rappresentanza, mentre nel quotidiano si utilizzavano le terraglie. A Deruta si usava il “lustro”, un’invenzione araba che dava un effetto argentato. A Venezia c’erano manifatture importanti, le forme si moltiplicano, realizzate in base agli usi cui erano destinate: “L’unico piatto rotto esposto era stato di proprietà di Isabella d’Este, ed è un pezzo che nella decorazione riporta al significato allegorico. Il maestro Giorgio da Gubbio realizzava pezzi davvero unici per bellezza e originalità”. Con i preziosi albarelli della farmacia, il percorso si concludeva con gli stemmi, chiudendo il cerchio iniziale. Donatella Rizzio ha sottolineato che questa mostra era nata in dialogo con la preziosa Collezione di Maioliche, donate da Luciano Franchi alla Pinacoteca di Varallo.

Dopo il ricercato pranzo servito al ristorante “Carlina”, nel cuore fiorito del palazzo che era l’antico Albergo di Virtù, “casa da reddito ottocentesca” abitata dal giovane studioso Antonio Gramsci dal 1913 al 1922, che ospita oggi l’ND Hotel, uno tra gli alberghi più eleganti ed esclusivi di Torino, nel quale è conservata una splendida collezione di opere della pittrice Carol Rama, esposta in uno dei saloni, nel primo pomeriggio ritorno in Piazza Castello, passando accanto a Palazzo Carignano, dove Donatella Rizzio si è soffermata per ricordare che mentre a Roma tutte le decorazioni dei palazzi erano in marmo, qui si utilizza il cotto, ottenendo effetti scenografici e di colore molto eleganti.

La mostra: I mondi di Riccardo Gualino collezionista e imprenditore, racconta la storia di Riccardo Gualino (Biella 1879- Firenze 1964), straordinario imprenditore, mecenate intelligente e lungimirante collezionista. Proveniente da un’agiata famiglia biellese, Gualino fu protagonista dell’economia italiana ed europea fin dai primi anni del Novecento e raggiunse una posizione apicale nel corso degli anni Venti, fino a essere considerato uno degli industriali più influenti d’Europa e tra i più ricchi d’Italia. Sigle come SNIA (Viscosa), UNICA (Venchi), URI (diventata poi EIAR e oggi RAI) RUMIANCA, LUX Film, rappresentano alcune realtà, tra le più vistose, del suo vulcanico impero. Pur non osteggiando apertamente il fascismo, ebbe atteggiamenti critici nei confronti delle scelte di politica economica del governo, cosa che gli costò il confino sull’isola di Lipari nel 1931. Fu in quell’occasione che l’intera collezione gli venne confiscata per essere poi pazientemente ricostituita con nuovi acquisti al suo ritorno alla vita civile. La vita di Riccardo Gualino si svolse fra Torino dove insieme alla moglie, Cesarina Gurgo Salice (Casale Monferrato 1890-Roma 1992) si trasferì nel 1919, Parigi, e dopo il confino, Roma e Firenze.

La guida Ersilia, ha condotto il gruppo nel cuore del mondo di Riccardo Gualino, facendo cogliere la progressiva maturazione e l’affinamento del gusto dell’imprenditore, grazie anche all’incontro con lo storico dell’arte Lionello Venturi: “Dal castello di Cereseto, una delle prime residenze di Riccardo e della moglie Cesarina, di gusto eclettico, in cui furono interamente ricreati gli arredi e fu collocato il primo nucleo della collezione di opere d’arte, si passa ai castelli di Sestri Levante e alla Palazzina di Via Gagliari, in un crescendo del gusto per i “primitivi” e in un progressivo depurarsi dalle decorazioni, attingendo ad uno stile razionalista rigoroso”. Gualino desiderava condividere con il pubblico le sue collezioni: la prima mostra risale al 1928, in quell’occasione fu realizzato un prezioso catalogo in folio.

Dalla prima sensazione di smarrimento per la quantità di opere e per gli accostamenti inusuali, si entrava in un caleidoscopico gioco dei confronti tra epoche e artisti molto diversi tra di loro: dalla Madonna con il Bambino di Duccio da Buoninsegna, allo sguardo verso Oriente con opere provenienti dal Giappone, dalla Cina e dalla Persia, collocate in un suggestivo allestimento, come se navigassero nel buio. L’interesse per le arti coreutiche e performative della moglie Cesarina, si concretizzerà nella realizzazione di un teatro privato, progettato da Felice Casorati e dall’architetto Sartoris. Alla fine dello stesso anno, il 26 novembre1925 Gualino apre il suo teatro pubblico, con gli interni progettati da Gigi Chessa.

Nell’ultima sezione della mostra si ammirano capolavori come la Venere di Botticelli a confronto con opere contemporanee, come i tre ritratti, nelle pose auliche dei signori rinascimentali, di Riccardo Gualino, della moglie e del figlio Riccardo dipinti da Casorati. Tra il Palazzo degli Uffici, tra i primi esempi in Italia di architettura razionalista, alla villa in collina, destinata a diventare abitazione e museo, si conclude la stagione torinese di Gualino. Torino nel 1982 aveva dedicato una mostra a Gualino, quando la moglie Cesarina, già molto avanti negli anni, raccontava episodi di quel mondo costruito dal marito, sospeso tra antico e moderno, intessuto di frequentazioni cosmopolite.

Prima di tornare in Valsesia il tempo per un’ultima fugace visita alla chiesa di San Lorenzo, dove nella primitiva cappella – voluta da Emanuele Filiberto che il 10 agosto, festa di San Lorenzo, aveva vinto la battaglia di San Quintino in Piccardia – nel 1578, in occasione della visita di San Carlo Borromeo, fu esposta per la prima volta a Torino la Sindone. La chiesa fu poi progettata dal Guarini, su richiesta di Carlo Emanuele II e Donatella Rizzio ha fatto osservare la bellezza quasi irreale della cupola: “Guarini fa esplodere la forma classica della cupola creando qualcosa di assolutamente nuovo, i costoloni che reggono la cupola sembrano sospesi nel vuoto, la luce buca letteralmente le pareti”.

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