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E che sia davvero una «buona» scuola

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Per augurare a tutti (alunni, insegnanti, personale, collaboratori e anche genitori) un buon anno scolastico, ho scelto questa foto qui. Non so di preciso a che anno risalga: io, comunque, non ero ancora nata. Penso invece di ricordare (perché qualcuno mi ha raccontato di quei bambini e di quel posto) quale fosse il «plesso»: sembrerebbe proprio la scuola della Barattina, graziosa frazione di Varallo, sulla via Lancia, verso la Val Mastallone.

Dài, una scuola alla Barattina! Eh be’, ma ai tempi ce n’erano ovunque, in valle, di scuole come quella: locali piccoli, con banchi e panche in legno, una lavagna appesa alla parete e qualche cartina geografica; la stufa, pronta a essere accesa, e durante le lezioni ravvivata, nei lunghi mesi invernali, perché a studiare ci va impegno, e se si sta al caldo si lavora meglio.
Piccole scuole, a Valmaggia, Morca, Cervarolo, Erbareti di Sabbia addirittura, Fobello, Cervatto. Fino a San Gottardo di Rimella arrivava il maestro, e ogni tanto, se di neve ne scendeva parecchia, gli capitava di fermarsi lassù per settimane e di condividere con i residenti una quotidianità più spicciola, fatta di generosa vicinanza e di affetto.
Che bella la scuola di allora!
Un po’ (anzi, molto) più semplice e meno articolata di quella di adesso. Un scuola, la nostra di questi anni, che ha subìto (o recepito) l’onda d’urto del tempo che passa, delle conoscenze che progrediscono e si affinano, si specializzano, si osservano, si parlano, si intersecano, interagiscono. In perenne movimento evolutivo. Come la merenda conservata nella cartella fino al momento dell’intervallo: alle dieci e mezza di mattina io mi concentravo sul mio panino con burro e zucchero o marmellata di arance; alle dieci e mezza di domani mattina gli alunni delle elementari tireranno fuori dallo zaino un sacchetto di patatine o un dolcetto imbustato.
Sicuro. E’ la nostalgia della «mia» scuola (e della mia maestra e dei miei compagni e della «a» di ape e della «+» che aggiunge e delle poesie a memoria e dello «svolgimento» dopo il titolo del tema e il «risolvo» in coda ai dati del problema) che mi provoca questi amarcord un po’ amati e un po’ sofferti, che a loro volta mi invitano al confronto, e che, il confronto, se lo aspettano. E’ l’età. Oh, lo so bene.
Ma – e ci credo davvero – anche la scuola di oggi può e deve essere bella. Può, e deve, essere «buona».
Mi sono piaciute molto, e personalmente ne condivido in pieno il senso e la prospettiva, le parole che ho sentito lunedì, nel primo giorno di scuola, dette da un insegnante.
Accogliendo gli alunni e i loro genitori per un saluto e una prima cordiale conoscenza, il prof. ha ricordato: «La scuola serve per crescere e per conoscersi. Vi dà l’opportunità di capire chi siete e cosa vorrete fare. La scuola è una comunità, che contribuisce a educare e a formare, e che ha bisogno del sostegno delle famiglie. Scuola più famiglia: insieme. Comunicando. Soprattutto comunicando».
Ecco. Se funzionerà davvero così, sì, potrà essere anche quella di adesso una «buona» scuola. Per tutti.

Luisa Lana

 

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